“Il divario tra l’immagine di Tsugumi con le ginocchia strette al petto e la testa chinata, come in trance, e le cose che stava dicendo, era enorme. Ebbi una strana sensazione: come se stessi osservando qualcosa che non apparteneva a questo mondo.”

Quella di ‘Tsugumi’ è una storia strana: una ragazzina sboccata, sfacciata, arrogante, con un corpo fragile come il vetro e di salute estremamente cagionevole, ma allo stesso tempo con una forza impensabile, determinata da lasciarci le penne e con una sete di vendetta che mai ci si aspetterebbe da una ragazza carina e delicata come lei. La maniera in cui la Yoshimoto dipinge Tsugumi genera una reazione uguale e contraria nel lettore, che proprio non riesce a odiare quel personaggio in nessun modo, ed è una sensazione che finora non avevo mai provato durante la lettura di un racconto. Yoshimoto, inoltre, si prende gioco del lettore seminando indizi su indizi e suggerendo un finale che si rivela poi completamente diverso da quello che ci si aspetta con lo scorrere delle righe, ma non meno toccante: la storia si chiude in maniera circolare, con una “lettera degli spiriti” che prende forma concreta.

Una lettura leggera, scorrevole, che ritrova nel mare e nei ricordi un punto fisso, pieno di felicità e reminiscenze di un periodo migliore. Insieme a Maria, Yōko e Kyōichi, il lettore vivrà una estate all’insegna dell’avventura, dell’amore, della famiglia e del silenzio portato dal mare, nel classico contesto dell’ordinaria quotidianità che tanto spesso si può ritrovare nella narrativa giapponese.