“A Heliopolis la vita proseguì. Restarono le case distrutte, avvolte nel freddo fumo. Restarono i prigionieri per i quali il tempo continuò a trascorrere nello strazio. Restarono le lunghe file di uccisi, con i loro pallidi volti spaventosamente sfigurati. La luna li guardava silenziosa; essa conosceva questo spettacolo fin dall’inizio del mondo.”

Il comandante Lucius de Geer, di ritorno da un viaggio di lavoro oltre le Esperidi, ritrova una Heliopolis diversa: accolto dallo scenario raccapricciante di un cadavere in mare, lasciato come benvenuto da Messer Grande, un esponente del partito del Podestà – in opposizione a quello del Proconsole – si rende conto che anche il quartiere dei Parsi è in rovina, saccheggiato e desolato. Quando, poi, Messer Grande resta ucciso in un attentato, tutti i precari equilibri vengono a crollare: quelli politici, quelli etici; quelli di Lucius, che si vede costretto a decidere tra la cieca obbedienza e i sentimenti, e quelli di una società perfetta, che tanto perfetta non è.

Heliopolis, che rappresenta il secondo romanzo della triade utopistico-distopica dell’autore, è un’opera che va gustata con calma, per poterne raccogliere più sfaccettature possibili. Dai contenuti più accessibili e meno criptici rispetto al capolavoro di ‘Sulle Scogliere di Marmo’, conserva parte del tono poetico e alterna narrazione a digressioni filosofiche, che permettono di apprendere molto del pensiero di #jünger filtrato attraverso il punto di vista dei personaggi. Quella che viene raccontata è una società all’apparenza perfetta, dominata dalla tecnica, ma permeata dal male, tangibile ai livelli più alti del governo. Una società che desidera obbedienza, soprattutto da parte degli esponenti della rigorosa vita militare. Lucius si rende conto, nell’evoluzione che lo caratterizza nel romanzo, che molti dei principi in cui intimamente crede vengono a mancare, e non sono supportati dalla società in cui si trova. È in quel momento che la sua strada gli è chiara, nonostante le conseguenze restino fumose fino all’ultimo: la ribellione, e poi la fuga, sono sostenute dai suoi sentimenti per Budur e dalla saggezza che caratterizza le sue scelte.

Al di là della trama, ricca e piacevole in sé, ‘Heliopolis’ è un concentrato di riflessioni filosofiche, considerazioni sulla vita, sulla morte, sul tempo, sull’amore, sull’importanza che va dedicata all’attimo. Jünger, inoltre, si dimostra come sempre un visionario: nel 1949, anno della prima edizione di questo romanzo, riesce a delineare perfettamente una tecnologia lontana ancora decenni, alla quale noi però siamo perfettamente avvezzi: lo smartphone. Lo descrive nei minimi particolari e le funzionalità che lui immagina, come addirittura l’home banking, sono spiegate con precisione disarmante, come se le avesse viste coi propri occhi a seguito di un viaggio temporale.

Opera difficile, sia da comprendere appieno che da reperire per la lettura. Ma Guanda Editore ha dato fortissimi segnali negli ultimi mesi, e forse ci regalerà delle grandissime sorprese già nel prossimo anno.