Sto pensando di dare al capriccio un titolo nuovo, e cioè “Sulle scogliere di marmo”. Forse vi si esprime ancor meglio l’unità di bellezza, altezza e pericolo così come la intendo io. Intento a questo lavoro, guardando dalla finestra, ho visto sulla strada i cannoni affrettarsi l’uno dietro l’altro verso est, quasi come in guerra alla vigilia di un grande combattimento. […] Tutti segnali che indicano guerra in tempi brevi; farò bene a mettere in conto di dover presto interrompere il lavoro. […] In tutti i casi, la penna dovrà riposarsi, perfino sul diario. Toccherà agli occhi, invece, farsi carico del lavoro, perché gli spettacoli non mancheranno.

Il primo della trilogia di diari di Ernst Jünger relativi alla seconda guerra mondiale, ‘Giardini e Strade’, è un documento molto diverso dai suoi diari giovanili, scritti durante il primo conflitto mondiale: vi troviamo una maturità diversa, di autore, di padre e di uomo che si è slegato dalla visione eroica del combattimento che l’ha sempre caratterizzato. In ‘Giardini e Strade’ si trova molto di più di ciò che vi si cerca: il diario, che comincia cinque mesi prima dello scoppio del conflitto, racconta la vita quotidiana a Kirchhorst, i progressi di scrittura del capolavoro ‘Sulle scogliere di marmo’ (interessantissimi se si è letto il romanzo), la ‘caccia sottile’, per poi concentrarsi sulla partenza, la lontananza da casa, il cameratismo e la vita quotidiana dei suoi soldati. Non vi si trovano quasi scene di battaglia: le immagini, evocate dalle parole, mostrano solo il prima e il dopo: gli effetti del combattimento sui soldati, sui prigionieri, sulle città occupate, sugli animali morti lasciati a marcire ai bordi delle strade. Trapela l’umanità di un capitano che non ci pensa due volte a conservare il senso di umanità dei prigionieri — molti dei quali, come Mounsier Albert, lo ricorderanno a vita — e dei civili che gli hanno offerto alloggio.

Forse la massima espressione di Jünger, la più vivida e accessibile, è proprio quella che si ritrova nei suoi diari. I suoi occhi sono una lente d’ingrandimento che scende a fondo nei perché dell’uomo, della vita, della morte e del tempo. Ogni pagina è ricca di metafore che fanno riflettere, di massime nelle quali, pensandoci bene, ci ritroviamo pienamente; e chi ha letto almeno uno dei suoi diari conosce bene cosa si prova.

“Al cospetto dei morti di Montmirail avevo la sensazione che questi filtri mancassero — il quadro cadeva cioè fuori dalla cornice della storia. Ho visto così l’assoluto, la spina dorsale, e ho avvertito la presenza di forze di cui da lungo tempo conosciamo soltanto i nomi astratti — non sono eterne, eppure il loro dominio durerà finché durerà il tempo. Ne ho avvertito il trionfo spaventoso.”