“Ogni volta che incomincio a scrivere su uno di questi esili quaderni che si possono così facilmente infilare in un tascapane, mi viene da pensare che, forse, non farò scorrere la matita sull’ultima pagina.”

🔥 Ho percepito ‘Boschetto 125’ come una naturale continuazione di ‘Nelle tempeste d’acciaio’, l’immortale cronaca di Ernst Jünger della prima guerra mondiale sul fronte occidentale. Attraverso questo libro, Jünger mette a disposizione del lettore una lente d’ingrandimento attraverso la quale le ultime settimane di guerra vengono descritte con maggiore dettaglio, nell’ambientazione del Boschetto, familiare se si conosce l’opera principale. La narrazione è impetuosa e razionale, ma nella sua natura di diario riesce a far vivere e rivivere nell’istante il momento della battaglia. Non mancano riflessioni politiche e filosofiche sul senso della guerra e sull’approccio dell’uomo verso di essa: i soldati veterani e i nuovi arrivati la affrontano in maniera molto differente, come si vedrà, ma una cosa li accomuna: il senso di atterrimento nei confronti della morte. Jünger, differentemente dal suo solito, stavolta si lascia andare anche a considerazioni e giudizi più personali su alcuni dei suoi soldati: devo ammettere di esser rimasto sorpreso.

📖 In questo libro, Jünger ci dimostra concretamente l’importanza dei diari: nonostante molti soldati cominciassero la guerra annotando le proprie esperienze su carta, i più abbandonavano gli appunti dopo poche pagine, sopraffatti dalla miscela di emozioni dei combattimenti. La perseveranza di Jünger invece è da apprezzare e imitare: i tratti di matita regolari tracciati nella quiete della tregua si alternano ai segni scomposti e distorti lasciati durante i bombardamenti: entrambi, però, sono fondamentali per il ricordo, la memoria e la comprensione delle dinamiche più intime dell’animo di un combattente al fronte.